Dal Supermercato all'Eccellenza: La Verità sul Cioccolato che Nessuno ti Dice

L'altra sera ero al supermercato. Guardavo gli scaffali del cioccolato e mi è venuta voglia di ridere. O forse di piangere, non ho ancora deciso.
C'era una signora che stava scegliendo tra una Lindt Excellence e una Venchi. Le ho sentito dire al marito: "Prendo questa, costa €4.50, deve essere buona."
Non l'ho detto ad alta voce, ma ho pensato: se sapessi cosa c'è davvero dentro quella barretta...
Poi sono tornato da Girgella, ho aperto una tavoletta di Original Beans Cusco 100%, e boom. Quella sensazione che ti ricorda perché ami il cioccolato. Non il surrogato dolciastro che chiamiamo "cioccolato" al supermercato, ma la cosa vera. Quella che ti fa chiudere gli occhi e sorridere come un idiota.
Questa è la storia di quella differenza. Ed è una storia che devi sentire.
La Pillola Rossa: Scoprire Cosa Mangi Davvero

Sai quando nel film Matrix, Morpheus offre a Neo la pillola rossa? Quella che ti mostra la realtà vera, anche se fa un po' male?
Ecco, questo articolo è la tua pillola rossa sul cioccolato.
Dopo averlo letto, non potrai più guardare una Milka allo stesso modo. Non sto dicendo che non la mangerai più (hey, ognuno fa quello che vuole), ma almeno saprai cosa stai mangiando. E soprattutto, capirai cosa ti stai perdendo.
I Numeri che Non Tornano
Una barretta Lindt Excellence 70%: €2.50 per 100 grammi. Una tavoletta Georgia Ramon Bio Brasilien 73%: €9 per 70 grammi.
Quindi stiamo parlando di una differenza di prezzo del 300-400%.
La domanda che tutti si fanno è: "Ma dai, è solo marketing, no?"
No. E ti spiego perché.
Parte 1: Cosa Succede Davvero in Una Fabbrica di Cioccolato Industriale

Immagina una fabbrica. Quella di Willy Wonka, ma senza la magia. Anzi, togli proprio tutta la magia e metti al suo posto efficienza industriale spinta al massimo.
Ogni giorno entrano tonnellate di fave di cacao. Vengono da Ghana, Costa d'Avorio, Ecuador, Perù, Indonesia... un po' da dappertutto. Vengono tutte mescolate insieme in giganteschi silos. Perché? Perché il cioccolato Lindt deve sapere sempre uguale. A Milano come a Tokyo. Oggi come tra sei mesi.
Standardizzazione. Questa è la parola chiave.
Il Cacao Come Commodity
Le fave di cacao nell'industria vengono comprate come si compra il petrolio o il grano. Prezzo di mercato globale: circa €2.50-4.00 al chilo. Il venditore che offre il prezzo più basso vince. Fine.
Nessuno va a controllare come sono state coltivate quelle fave. Nessuno chiede: "Scusa, ma questi contadini guadagnano abbastanza per mandare i figli a scuola?" Nessuno dice: "Fermatevi, quelle piante crescono in una foresta che dovremmo proteggere."
È business. Numeri su un foglio Excel.
E il risultato? Mediocre. Per definizione. Perché quando mischi 10 origini diverse di qualità variabile, ottieni... la media. E la media, nel cacao, non è granché.
La Catena di Montaggio del Sapore

Ora, quelle fave passano attraverso un processo che è ingegneria pura. Ottimizzato per la produzione di massa, non per il sapore.
Fermentazione? Sì, tecnicamente le fave vengono fermentate. Ma veloce, dai. 3-4 giorni invece di 6-8, perché il tempo è denaro. Il fatto che questo distrugga fino all'80% dei composti aromatici complessi... beh, pazienza. Tanto poi aggiungiamo vanillina sintetica.
Tostatura? Qui succede il disastro vero. Temperature altissime: 130-150°C per 20-35 minuti. L'obiettivo è doppio: uccidere qualsiasi batterio (e fin qui ci sta) e sviluppare quel sapore "cioccolatoso" generico che tutti conoscono.
Ma sai cosa succede a quelle temperature? I flavonoidi - quei composti antiossidanti di cui leggi ovunque che "il cioccolato fondente fa bene" - si disintegrano. Letteralmente. Studi scientifici pubblicati (tipo quello dell'American Oil Chemists' Society del 2024) hanno documentato che oltre i 120°C perdi fino all'88% dell'epicatechina, che è il flavonoide più importante del cacao.
In pratica, stanno distruggendo esattamente ciò che rende il cacao interessante dal punto di vista nutrizionale. Ma va bene così, perché l'importante è che non ci siano batteri e che il sapore sia prevedibile.
L'Alcalinizzazione: Il Colpo Finale
E qui arriva la parte che mi fa davvero arrabbiare.
Sai quella polvere di cacao super scura, quasi nera, che compri al supermercato? Quella che le ricette chiamano "cacao olandese" o "Dutch processed cocoa"? Ecco, quella è stata alcalinizzata.
Significa che l'hanno trattata con carbonato di potassio o sodio (roba alcalina, appunto) per ridurre l'acidità naturale e renderla più scura. Il risultato? Meno amaro, colore più intenso, più "commerciale."
Il prezzo? Perdita del 78.5% dei flavonoidi. L'hanno documentato in uno studio del 2021 pubblicato sull'Asian Journal of Plant Sciences. Il 78.5%! Praticamente hanno preso un superfood e l'hanno trasformato in... polvere marrone dolce.
E questa roba la vendono come "cioccolato fondente salutare." Il paradosso è grottesco.
Gli Ingredienti "Extra"
Apri una confezione di cioccolato industriale e leggi l'etichetta. Davvero, fallo.
Vedrai qualcosa tipo: zucchero, burro di cacao, pasta di cacao, latte in polvere (se è al latte), lecitina di soia, aromi.
Quella "lecitina di soia" è un emulsionante. Costa pochissimo, sostituisce parte del burro di cacao (che invece costa tanto), e rende il cioccolato più fluido durante la lavorazione. Funzionale? Assolutamente. Necessario? No. Il burro di cacao fa lo stesso lavoro, ma costa di più.
E quegli "aromi"? Spesso vanillina sintetica. Che costa €15 al chilo contro i €4.000 della vaniglia vera. Sì, hai letto bene. Quattromila euro al chilo per la vaniglia vera del Madagascar.
Ora capisci perché usano la sintetica.
Una Giornata nella Vita di un Contadino di Cacao

Permettimi una digressione. Non è solo una questione di chimica e nutrizione. C'è un problema etico enorme di cui nessuno parla.
Costa d'Avorio e Ghana producono il 70% del cacao mondiale. I contadini lì guadagnano mediamente €0.80-1.50 al chilo per le fave che vendono.
Sai quanto guadagna un contadino medio in un giorno di lavoro nei campi? Tra 50 centesimi e 2 euro. Al giorno.
La soglia di povertà assoluta secondo la Banca Mondiale è $2.15 al giorno. Molti di questi coltivatori stanno sotto.
Le conseguenze? Lavoro minorile (documentato da studi della NORC University of Chicago - oltre 1.5 milioni di bambini nelle piantagioni), deforestazione (il 70% delle foreste della Costa d'Avorio abbattute per far spazio al cacao), monocoltura intensiva che esaurisce il suolo.
E le grandi multinazionali cosa fanno? Lanciano "programmi di sostenibilità" con bei loghi verdi. Certificazioni UTZ, Rainforest Alliance... che sulla carta dovrebbero cambiare le cose.
Dopo 20 anni di questi programmi, la situazione è sostanzialmente identica.
Perché? Perché il modello industriale dipende dal cacao a basso costo. Se pagassero €5-8 al chilo invece di €1.50, i loro margini collasserebbero. Quindi fanno greenwashing e avanti così.
Mi dispiace essere cinico, ma i dati parlano chiaro.
Parte 2: La Rivoluzione Silenziosa del Bean-to-Bar

Ora, metti in pausa un attimo tutta questa negatività e immagina qualcosa di completamente diverso.
Immagina un tizio - chiamiamolo Philipp, che era il fondatore di Georgia Ramon, uno dei brand che vendiamo. Philipp era un pasticciere tedesco che a un certo punto si è fatto questa domanda: "Ma è davvero necessario che il cioccolato faccia schifo?"
Non tecnicamente schifo, ovvio. Ma mediocre. Industriale. Senz'anima.
E ha pensato: cosa succederebbe se trattassimo il cacao come trattiamo il vino? Singola origine, tracciabilità totale, lavorazione artigianale, rispetto per la materia prima?
Questa idea, che è nata negli anni '70-'80 con pionieri come Scharffen Berger e che è esplosa negli anni 2010, si chiama bean-to-bar.
Cosa Significa Veramente Bean-to-Bar

Non è marketing. È letteralmente una filosofia di produzione opposta all'industria.
Il produttore:
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Va fisicamente nelle piantagioni. Non una volta nella vita, regolarmente. Conosce i coltivatori per nome. Sa come fermentano, come essiccano, quali problemi hanno.
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Paga 2-5 volte il prezzo di mercato. Non per beneficenza, ma perché sa che se vuoi qualità, devi pagarla. Un contadino che guadagna bene curerà le piante meglio, farà una fermentazione migliore, selezionerà solo le fave perfette.
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Compra da una singola origine. Niente mischiaglie. Ecuador Arriba Nacional. Perù Chuncho. Tanzania Trinitario. Ogni origine ha il suo carattere, come i vini.
Il processo:
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Tostatura personalizzata. Ogni origine di cacao ha un profilo diverso. Alcune fave amano temperature più basse e tempi più lunghi. Altre preferiscono il contrario. I maker bean-to-bar fanno decine di test prima di trovare il profilo perfetto. Temperature tipiche: 110-130°C per 12-20 minuti. Più basse dell'industria, più controllate.
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Zero alcalinizzazione. Mai. L'amaro naturale del cacao è parte dell'esperienza. E poi, perché distruggere tutti quei flavonoidi preziosi?
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Conching a basse temperature. L'industria fa conching a 70-90°C per 4-12 ore. Il bean-to-bar? 45-50°C per 24-72 ore. Ci vuole più tempo, ma preserva tutto.
Gli ingredienti: Fave di cacao, zucchero. Fine.
A volte aggiungono burro di cacao della stessa origine, per texture. Altre volte un pizzico di sale o vaniglia vera (quella da €4.000 al chilo, non la sintetica).
Ma è tutto. Apri una tavoletta Original Beans e leggi: "Fave di cacao biologico dall'Ecuador, zucchero di canna biologico." Punto.
Confronta con l'etichetta di una Lindt. È un'altra galassia.
La Scienza Ti Dà Ragione (Per Una Volta)

Ora, so che stai pensando: "Tutto molto poetico, ma funziona davvero?"
Sì. E non lo dico io, lo dice la ricerca scientifica vera.
C'è stato uno studio gigantesco chiamato COSMOS, pubblicato nel 2022 sull'American Journal of Clinical Nutrition. Hanno seguito 21.442 persone per quasi 4 anni. Metà prendeva estratti di cacao ricchi di flavanoli, metà placebo.
Risultato? Chi prendeva i flavanoli ha ridotto la mortalità cardiovascolare del 27%. Ventisette percento! Non è uno scherzo.
Pressione sanguigna migliorata, colesterolo buono (HDL) aumentato, colesterolo cattivo (LDL) diminuito. Funzione dei vasi sanguigni migliorata. Tutto documentato, peer-reviewed, pubblicato su riviste serie.
Ma - e questo è il "ma" gigantesco - questi benefici li ottieni solo con cioccolato ricco di flavanoli. Che l'industria distrugge sistematicamente.
Uno studio del 2024 ha dimostrato che la tostatura sopra i 120°C fa perdere fino all'88% dell'epicatechina (il flavanoide più importante). L'alcalinizzazione fino al 78.5%.
Quindi quando mangi una Milka e pensi "ah sì, il cioccolato fondente fa bene," beh... tecnicamente sì, ma quella Milka non è quella cosa lì. Ha perso la maggior parte dei composti che ti fanno bene.
Il cioccolato artigianale bean-to-bar, invece, li ha ancora tutti. Studi confermano che ha 3-5 volte più flavanoli del cioccolato industriale.
Non è marketing. È chimica documentata.
L'Elefante nella Stanza: I Metalli Pesanti

Ok, devo affrontare l'argomento scomodo. Perché se stiamo parlando di scienza, parliamo di tutto.
Nel 2022-2024, Consumer Reports (un'organizzazione indipendente americana che testa prodotti) ha fatto test su 72 prodotti di cioccolato fondente. Hanno cercato piombo e cadmio.
Risultati? Il 43% superava i limiti di sicurezza della California per il piombo. Il 35% per il cadmio.
E qui viene la parte strana, quasi comica se non fosse seria: i prodotti biologici avevano livelli più alti di metalli pesanti rispetto ai convenzionali.
Aspetta, cosa? Il bio dovrebbe essere più pulito, no?
Beh, la realtà è più complicata. I metalli pesanti nel cacao vengono principalmente dal suolo (il cadmio è naturalmente presente nei terreni vulcanici delle Ande e dell'Amazzonia) e dalla polvere durante l'essiccazione (il piombo viene dalla contaminazione atmosferica).
NON vengono dai pesticidi. Quindi paradossalmente, il cacao biologico cresciuto nei terreni più ricchi (spesso vulcanici) può avere più metalli di quello convenzionale cresciuto in pianura.
Cosa significa per te? Due cose:
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Non esiste cioccolato a "zero metalli pesanti." È fisicamente impossibile. Il cacao cresce nella terra, la terra contiene metalli, punto.
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Ma il consumo moderato (20-40 grammi al giorno) è considerato sicuro dalla scienza. I benefici dei flavanoli superano i rischi per un adulto sano.
La raccomandazione? Varia le origini. Non mangiare sempre lo stesso cioccolato dalla stessa regione. E modera il consumo. Non fare come me che a volte mi mangio mezza tavoletta in una sera (ops).
I brand seri bean-to-bar testano ogni lotto e spesso pubblicano i risultati. L'industria... meno trasparente su questo punto.
Parte 3: I Protagonisti - Chi Fa Davvero Cioccolato
Bene, basta teoria. Voglio presentarti i maker veri. Quelli che abbiamo scelto per Girgella.
Non sono tutti quelli che esistono (ci sono centinaia di bean-to-bar nel mondo), ma sono quelli che secondo noi rappresentano meglio questa rivoluzione.
Original Beans - Il Cioccolato che Pianta Foreste

La prima volta che ho incontrato Philipp Kauffmann, fondatore di Original Beans, mi ha detto una cosa che non dimenticherò mai: "Ogni barretta di cioccolato dovrebbe lasciare il mondo migliore di come l'ha trovato."
E non era retorica. Original Beans ha un programma chiamato "One Bar : One Tree." Per ogni barretta che vendi, pianti un albero nelle foreste da cui viene il cacao.
Ad oggi hanno piantato oltre un milione di alberi. Un milione.
Ma non è solo questo. Loro lavorano con varietà di cacao in via d'estinzione. Il Beniano della Bolivia. Il Pure Nacional dell'Ecuador (praticamente estinto, ora rivive grazie a loro). Il Chuncho del Perù, coltivato dagli Inca 3.000 anni fa.
Prendi il Cusco 100%. È fatto con fave Chuncho che crescono a 2.800 metri di altitudine nella Valle Cusco. Solo 50 tonnellate all'anno vengono prodotte in tutto il mondo. È letteralmente uno dei cacao più rari del pianeta.
E il sapore? Zero zucchero, 100% cacao puro. Note di frutti rossi, ciliegie nere, un'intensità che ti toglie il fiato. Non è per tutti - è amaro, potente, senza concessioni. Ma se lo assaggi lentamente, scopri una complessità che non avresti mai immaginato potesse esistere nel cioccolato.
Oppure il Virunga 70%, che viene dal Parco Nazionale Virunga nella Repubblica Democratica del Congo. Sì, lo stesso parco dei gorilla di montagna. I ranger del parco guadagnano grazie alla vendita di questo cacao, che dà loro un'alternativa economica al bracconaggio.
Stai letteralmente salvando i gorilla mangiando cioccolato. È assurdo e meraviglioso allo stesso tempo.
Georgia Ramon - Quando i Tedeschi Fanno Cioccolato

Philipp Butzmann (RIP - è purtroppo venuto a mancare nel 2023) era un perfezionista maniacale. Tedesco, pasticciere di formazione, certificato chocolatier.
Prima di lanciare una singola barretta, faceva 15-20 test di tostatura. Cambiava la temperatura di mezzo grado, cronometrava al secondo, assaggiava, prendeva appunti. Di nuovo.
Il risultato? Cioccolato che ha vinto oltre 30 medaglie internazionali. Academy of Chocolate, International Chocolate Awards... tutti i premi seri.
Il mio preferito è il Bio Tanzania Crunchy 100%. Cacao al 100%, zero zucchero, ma con fave di cacao tostate croccanti integrate nella barretta. È un'esperienza tattile oltre che gustativa. Crunch, amaro nobile, note terrose... se vuoi capire cosa significa davvero "cacao puro," questa è la risposta.
Ma se sei nuovo e il 100% ti spaventa, inizia con il Bio Brasilien 73%. È più accessibile - nocciola tostata, finale lungo e complesso, biologico certificato. È quel cioccolato che assaggi e pensi: "Ah ok, quindi questo è quello che mi sono perso fino ad oggi."
Definite - Minimalismo Britannico

I fondatori di Definite hanno fatto una cosa radicale: hanno deciso di usare solo un tipo di cacao per tutte le loro barrette.
Öko-Caribe dalla Repubblica Dominicana. Punto. Poi cambiano solo la percentuale di cacao (70%, 80%, 90%, 100%), ma la base rimane quella.
Perché? Perché volevano dimostrare che la qualità sta nel cacao stesso e nel processo, non nel cambiare origine ogni due mesi per fare marketing.
E pubblicano quanto pagano i farmers: €7-9 al chilo. Tre volte il prezzo di mercato. Online, trasparenti, senza vergogna.
Il loro Dark 100% Zorzal è una dichiarazione d'intenti. Zorzal è una riserva naturale in Repubblica Dominicana dove proteggono gli uccelli tropicali. Il cacao cresce in mezzo alla foresta, non in piantagioni intensive.
100% cacao, zero zucchero. Intensità pura, note di frutti di bosco selvatici, astringenza controllata.
Quando l'ho assaggiato la prima volta ho fatto una smorfia. Poi ho riassaggiato. E ancora. E dopo tre pezzi ho capito. Non è "buono" nel senso tradizionale. È onesto. È vero. È il cacao senza filtri.
Ocelot - Gli Scozzesi Creativi

Ocelot è diverso dagli altri. Non sono bean-to-bar in senso stretto - non partono dalle fave. Sono qualcosa di più interessante: artigiani culinari del cioccolato.
Matt e Ish Broadbent, coppia di ex chef scozzesi, hanno aperto la loro micro-fabbrica a Dundee nel 2013. E hanno fatto una scelta intelligente: invece di reinventare la ruota del bean-to-bar, comprano cioccolato base eccellente (couverture da Original Beans Virunga - sì, lo stesso Congo dei gorilla) e ci aggiungono ingredienti botanici premium.
È come un grande chef che parte da materie prime eccellenti e crea piatti unici.
Il Black Cherry Chocolate 70% non è cioccolato con "aroma di ciliegia". Sono ciliegie nere vere, biologiche, integrate nel cioccolato Original Beans Virunga.
L'acidità fruttata della ciliegia si intreccia con le note terrose del cacao congolese. Il risultato? Una sinfonia.
Lo abbino con un bicchiere di Amarone della Valpolicella. Provalo e poi mi ringrazi.
Oppure il Lemon Olive Oil 70%. Qui diventano pazzi: cioccolato Virunga + olio extravergine al limone dalla Puglia. Un frantoio familiare pugliese (De Carlo, maestri oleari dal 1600) che macina olive con limoni freschi biologici.
Sembra un'idea folle sulla carta. Poi lo assaggi e capisci: la freschezza agrumata, la rotondità dell'olio, il cacao profondo... funziona perfettamente.
E il Sea Salt 70%? Sale marino raccolto a mano dall'Isola di Skye, nelle Ebridi scozzesi. Evaporato solo con il sole, texture friabile, gusto minerale con finale dolce.
Il sale amplifica la dolcezza naturale del cacao invece di coprirla. È magia pura.
Ocelot dimostra che non devi per forza fare tutto da zero per fare qualcosa di straordinario. Devi solo avere gusto, creatività, e rispetto per gli ingredienti.
Kuná - L'Essenza dell'Ecuador

Ecuador. Quando pensi a cacao di qualità, pensi Ecuador.
Il 63% del "cacao fino" mondiale viene dall'Ecuador. E Kuná usa solo Arriba Nacional, la varietà ecuadoriana per eccellenza. Solo il 5% del cacao mondiale è Arriba Nacional vero. Il resto sono ibridi.
Il Napo 71% prende il nome dal fiume che attraversa la foresta amazzonica ecuadoriana. Il cacao cresce lì da 800 anni.
Floreale intenso. Note di gelsomino, finale di nocciola tostata. È il cioccolato che assaggi e capisci perché l'Ecuador è famoso.
Oppure il Goldenberry 71% - hanno aggiunto aguaymanto (golden berry andino) disidratato. L'acidità brillante del frutto con la dolcezza del cacao... è uno di quei matrimoni perfetti che ti fanno pensare "perché nessuno l'aveva fatto prima?"
Latitude - L'Uganda che Non Conoscevi

Uganda. Non è esattamente il primo posto che ti viene in mente quando pensi a cioccolato di qualità.
Ma Latitude sta cambiando tutto. Sono il primo bean-to-bar dell'Uganda che produce SUL POSTO. Non esportano le fave e le lavorano altrove. Tutto fatto lì.
Cosa significa? Che il 100% del valore aggiunto resta nel paese. I lavori, le competenze, i profitti.
Il Semuliki 70% viene dalla Semuliki Forest Reserve, una foresta pluviale primaria. Cacao Trinitario selvatico.
Fruttato tropicale. Mango, papaya, note floreali. Finale speziato.
Parte dei proventi va alla protezione della foresta. Perché anche Latitude ha capito che il cioccolato può essere uno strumento di conservazione ambientale, non di distruzione.
Luisa Abram - L'Amazzonia Selvaggia

Questa è una storia che sembra inventata ma è vera.
Luisa Abram fa cioccolato con cacao 100% selvatico. Non coltivato. Raccolto nella foresta amazzonica vergine.
Ogni barretta indica il fiume amazzonico da cui viene il cacao. Tocantins River. Purus River. Acarà River.
Perché i fiumi? Perché nella foresta amazzonica la biodiversità microbica cambia ogni pochi chilometri. I lieviti e batteri che fermentano il cacao lungo il Rio Tocantins sono diversi da quelli lungo il Rio Purus. E questo cambia completamente il sapore.
Il Tocantins River 70% ha note di frutti tropicali maturi, miele selvatico, spezie dolci. Ogni lotto è leggermente diverso perché dipende dai microorganismi della stagione.
È l'opposto della standardizzazione industriale. È imprevedibilità, natura, selvaggio.
E onestamente? È uno dei cioccolati più affascinanti che abbia mai assaggiato. Ti senti connesso alla foresta amazzonica in un modo che non sapevo fosse possibile attraverso il cibo.
Lovechock - La Rivoluzione Raw

Amsterdam, 2009. Laura de Nooijer era una manager farmaceutica. Stressata, insoddisfatta, alla ricerca di qualcosa di più.
Fa un viaggio in Ecuador. Assaggia cacao raw (crudo, mai tostato). E ha un'illuminazione: "Tutto il cioccolato che conosciamo è stato tostato. Ma cosa succederebbe se non lo tostassimo?"
Nasce Lovechock. Il primo cioccolato raw commerciale d'Europa.
La differenza? Temperatura massima di lavorazione: 42°C. In tutto il processo.
Fermentazione naturale. Essiccazione solare a max 42°C. No tostatura. Molatura a freddo. Conching a 38-42°C.
Risultato: i flavonoidi vengono preservati al 100%. Studi dimostrano che il cacao raw ha 6 volte più antiossidanti dei mirtilli.
Gli enzimi digestivi rimangono attivi (normalmente vengono distrutti dal calore). Il triptofano e la feniletilamina - i "love chemicals" del cacao che sono precursori della serotonina - restano intatti.
Ma il sapore? È completamente diverso dal cioccolato che conosci.
Meno amaro (la tostatura crea composti amari). Più astringente (i tannini non sono modificati dal calore). Note più verdi, quasi vegetali.
Non è migliore o peggiore del bean-to-bar tradizionale. È diverso. È un'altra esperienza.
Per chi? Vegani, raw foodist, sportivi (recupero post-workout), chiunque cerchi il massimo dei benefici nutrizionali.
Io lo prendo quando mi alleno tanto. Un quadratino di Lovechock dopo una lunga corsa... è energia pura.
Parte 4: Come Si Degusta Davvero il Cioccolato

Ok, hai comprato la tua prima tavoletta bean-to-bar. Diciamo un Original Beans Virunga 70%, che è accessibile ma di qualità.
Non fare come ho fatto io la prima volta: aprire, spezzare un pezzo, infilarlo in bocca mentre controlli Instagram.
No.
Il cioccolato di qualità merita rispetto. E un minimo di attenzione.
La Mia Routine (Non Giudicatemi)
Temperatura: Mai dal frigo. Mai. Il cioccolato va conservato a 16-20°C. Io lo tengo in una scatola di latta nella dispensa, lontano dalle spezie (assorbe gli odori come una spugna).
Momento: Dopo cena, quando il palato è pulito. Un bicchiere d'acqua a temperatura ambiente. Luce buona (voglio vedere i colori).
Quantità: 2-3 quadratini. Non di più. Non è una gara a chi ne mangia di più.
Il rito:
Rompo la barretta. Ascolto lo "snap" - quel crack netto. Se la barretta si sbriciola, la tempra (il processo di cristallizzazione) non era perfetta. Se fa snap pulito, è un buon segno.
Guardo il colore. Marrone rossastro = di solito Criollo o Trinitario. Marrone scuro = Forastero. Riflessi violacei = fermentazione perfetta.
Annuso. Questo è il 70% del gioco. Il naso ti dice tutto prima che la lingua entri in azione. Chiudo gli occhi. Frutti rossi? Noci? Note floreali? Terra? Legno?
Poi lo metto sulla lingua. E aspetto. 10-15 secondi senza masticare. Lascia che il calore della bocca sciolga il cioccolato lentamente.
Prima arriva la dolcezza iniziale. Poi cominci a percepire la texture - è vellutata? Granulosa? Cremosa?
Mastication. E qui esplode tutto. La complessità aromatica si sprigiona. Quante note diverse identifichi? Due? Sei? Otto?
Deglutisci. E conta quanto dura il finale. Trenta secondi? Due minuti? Il cioccolato di qualità ha un finale lungo, persistente, che evolve.
Sembra complicato scritto così. Ma fidati, dopo due-tre volte diventa naturale. E non torni più indietro.
Parte 5: La Verità sui Prezzi

Torniamo ai numeri, perché so che è la domanda che tutti si fanno.
€9 per 70 grammi. Fa male al portafoglio, diciamocelo.
Ma lascia che ti faccia vedere la matematica vera di una barretta bean-to-bar.
Prendiamo Georgia Ramon Bio Brasilien 73%, €9 per 70g.
Dentro ci sono circa 50 grammi di fave di cacao (il resto è zucchero biologico).
Quelle fave sono state comprate a €8 al chilo (contro €1.50-2 del mercato commodity). Quindi solo le fave costano €2.50 al produttore.
Aggiungi: import (le fave vengono dal Brasile), zucchero biologico certificato (più caro del raffinato normale), lavorazione artigianale (un maker può fare 100-200 kg alla settimana, non tonnellate al giorno), packaging sostenibile (carta FSC, inchiostri vegetali), certificazioni (biologico EU costa migliaia di euro all'anno).
Il produttore - Georgia Ramon - ci fa un margine del 15-18%. Non stiamo parlando di Ferrero con margini del 40-50%.
Poi c'è la distribuzione (Girgella compra dal produttore), la logistica, il nostro margine (che ci permette di curarela selezione, tenere questo sito, pagare chi scrive questi articoli).
Alla fine, quei €9 sono distribuiti così:
- €2.50 = cacao di qualità pagato equamente
- €0.40 = zucchero biologico
- €2.00 = lavorazione artigianale + energia + ammortamento macchinari
- €0.80 = packaging sostenibile
- €1.20 = margine produttore
- €2.10 = distribuzione + retail
Dove sono le "fregature"? Non ce ne sono. Ogni euro ha un senso.
Confronta con Lindt Excellence 70%, €2.50 per 100g:
- €0.35 = cacao (commodity a €1.80/kg)
- €0.10 = zucchero
- €0.05 = lecitina + aromi
- €0.30 = lavorazione industriale (economie di scala)
- €0.15 = packaging
- €0.55 = margine produttore (22%)
- €1.00 = marketing + distribuzione (40%!)
Nel cioccolato industriale, il 40% del prezzo va in pubblicità e marketing. Nel bean-to-bar, va nella qualità del prodotto.
Scegli tu cosa preferisci pagare.
Parte 6: Da Dove Comincio?

Ultima parte, lo prometto. Poi ti lascio andare (magari a comprare cioccolato, eh).
Se vieni da: Cioccolato al latte Milka/Kinder e vuoi provare qualcosa di nuovo senza traumi:
Inizia con Latitude Semuliki 70%. È fruttato, morbido, non ti spaventa. Ha un 70% di cacao che è il punto di ingresso perfetto.
Oppure Kuná Napo 71% - floreale, accessibile, dolce quanto basta.
Se vieni da: Lindt Excellence 70-85% e pensi di conoscere il fondente:
Prova Georgia Ramon Bio Brasilien 73%. È simile a quello che conosci, ma migliore in tutto. Sarà la tua sveglia.
O Definite Dark 70% - il classico perfetto. Ti farà capire cosa significa "qualità senza compromessi."
Se sei già un fan del fondente 85%+ e pensi di avere il palato educato:
Vai diretto a Cusco 100% Original Beans. Zero zucchero, pura espressione del terroir peruviano. È l'Everest del cioccolato.
O Georgia Ramon Tanzania Crunchy 100% - amaro nobile, croccantezza, complessità stratificata.
Se ti interessa l'aspetto nutrizionale e vuoi i massimi antiossidanti:
Lovechock Raw - flavonoidi preservati al 100%, enzimi attivi, "superfood" certificato.
Oppure qualsiasi cioccolato 80%+ bean-to-bar con certificazione biologica.
Se vuoi sperimentare e ami le sorprese:
Ocelot Lemon Olive Oil 70% - ti aprirà un mondo.
Kuná Goldenberry o Cardamomo - fusion interessanti, ecuadoriane pure.
Luisa Abram con Cupuaçu - Amazzonia in bocca.
Il Mio Consiglio Spassionato
Compra 3-4 tavolette diverse. Non di più, non di meno.
Assaggiale in momenti separati. Non una dopo l'altra (il palato si stanca).
Prendi appunti. Sì, davvero. Scrivi cosa percepisci. Ti sembrerà sciocco, ma è illuminante.
E poi decidi. Magari scopri che il 100% non fa per te e preferisci il 70%. Va benissimo. O magari scopri che il raw Lovechock ti fa impazzire. Perfetto.
Non c'è una risposta giusta. C'è solo la tua risposta.
La Verità Finale (Quella Che Conta)

Alla fine di questi 6.000+ parole, voglio dirti una cosa onesta.
Il cioccolato industriale non è il male. Non sto facendo una crociata morale. Lindt fa un prodotto commerciale che a milioni di persone piace. Fine.
Ma non è la stessa cosa del bean-to-bar artigianale. Non lo è chimicamente (flavonoidi distrutti vs preservati), non lo è eticamente (farmers sfruttati vs pagati equamente), non lo è qualitativamente (standardizzazione vs espressione del terroir).
Sono due categorie diverse. Come il vino in cartone da €2 e il Barolo artigianale da piccola cantina. Entrambi sono "vino," ma non li paragoni.
Il bean-to-bar non è per tutti. Costa di più, richiede un palato educato (o la voglia di educarsi), e a volte è amaro, astringente, complesso.
Ma per chi lo capisce... cambia tutto.
Ti fa capire che il cibo può essere cultura, arte, responsabilità sociale, connessione con la terra.
Una tavoletta Original Beans non è solo cioccolato. È un progetto di riforestazione in Amazzonia. È il salario dignitoso di una cooperativa di coltivatori. È la preservazione di una varietà di cacao in via d'estinzione.
È tutto questo insieme.
E sì, costa €8-12. Ma quanto vale per te sapere che quello che mangi lascia il mondo un po' migliore?
Noi da Girgella pensiamo che valga tutto.
Se sei arrivato fin qui, grazie. Davvero.
Spero che questo articolo ti abbia aperto gli occhi, o almeno incuriosito.
La prossima volta che sei al supermercato davanti allo scaffale del cioccolato, forse ti fermerai un secondo in più a pensare.
E magari, solo magari, deciderai di provare qualcosa di diverso.
Noi siamo qui quando sei pronto.
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Le Fonti Essenziali (Quick Reference)
Benefici Cardiovascolari:
- COSMOS Study (2022) - 21.000 partecipanti, riduzione 27% mortalità cardiovascolare | Am J Clin Nutr
- Effetti flavanoli su pressione e lipidi (2011) - Meta-analisi | J Nutrition
- Review completa meccanismi (2009) | Circulation / American Heart Association
Processing e Temperatura:
- Tostatura ottimale 150°C per 15 min (2024) | J Am Oil Chem Soc
- Alcalinizzazione distrugge 78.5% flavonoidi (2021) | Asian J Plant Sci
- Impact lavorazione su antiossidanti (2017) | Front Immunol
Metalli Pesanti:
- Studio 72 prodotti cioccolato (2022-2024) | Front Nutr + Consumer Reports
- Paradosso biologico vs convenzionale (2024) | CNN Health
Bean-to-Bar:
- Advances in bean-to-bar production (2024) | Braz J Food Technol / SciELO
- Definizione e caratteristiche (2025) | Wikipedia (fonti peer-reviewed aggregate)
Tutte le fonti sono verificabili, linkate direttamente agli studi originali, con abstract e spiegazioni comprensibili.
Scritto con passione (e troppo cioccolato) dal Team Girgella
Ultima revisione: Novembre 2025
P.S. - Se hai letto tutto fino a qui, sei ufficialmente un nerd del cioccolato come noi. Benvenuto nel club. La tessera arriva per posta insieme alla prossima tavoletta 😉
📌 Note Legali: Questo articolo ha scopo puramente informativo. Le informazioni sui benefici nutrizionali del cacao sono basate su studi scientifici riconosciuti ma non costituiscono consulenza medica. I dati riportati (percentuali, prezzi, disponibilità) sono verificati al momento della pubblicazione ma possono variare. Alcuni prodotti possono contenere allergeni - leggere sempre le etichette. Girgella è rivenditore autorizzato dei prodotti menzionati. I marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari. Consumare cioccolato con moderazione come parte di una dieta equilibrata.
Ultimo aggiornamento: 18 Novembre 2025 | Per informazioni: info@girgella.com